Un Natale a Concepts by Braida

Era la sera della Vigilia di Natale a Conceps by Braida e la neve cadeva lenta vestendo il paesaggio del suo bianco manto. Le vigne infreddolite che circondavano Casa Braida, come ogni inverno da tempo immemore, bramavano l’arrivo della stagione più calda e nel frattempo trovavano conforto assaporando il tenue aroma di vin brulé che avvolgeva l’aria pungente della sera.

Nel mezzo del silenzio surreale, l’aria scorreva tranquilla e ogni tanto faceva capolino l’eco di voci lontane che ridevano felici. Qualcuno stava sicuramente preparandosi a festeggiare il grande giorno o, a seconda delle tradizioni, la grande notte.

Casa Braida era in fermento. Quello che ancora nessuno sapeva, però, era che anche qualcun altro stava architettando qualcosa. Poco lontano, infatti, un brusio diffuso e trafelato animava lo show room di Concepts by Braida.

Una scoperta inattesa

«Shhhht, fai piano, altrimenti ci scoprono!» bisbigliò Ingrid, chiamata da tutti Inge. Goody la ignorò e continuò a tirare fuori dalle scatole palline, festoni, campanelline, lucette e tutto quello che poteva rientrare nella categoria “addobbi natalizi”.

«Goody!» incalzò Inge all’ennesima pallina gettata a terra.

«Inge, se continui ad agitarti, sarai tu a farci scoprire.» rispose Goody guardandola in cagnesco. «Sono sicura che si trova in una di queste scatole e devo assolutamente trovarla. Se la cosa ti risulta troppo difficile da sopportare sei pregata di ritornare dov’eri qualche minuto fa».

Inge spostò lo sguardo verso la stanza accanto, dove le sorelle stavano dormendo e represse un brivido perché sapeva quanto fosse impossibile riposare con loro. Inge aveva il sonno leggero e si svegliava al più piccolo accenno di rumore, figurarsi accanto a qualcuno che di notte non faceva altro che russare.

Per fortuna c’era Goody, altrimenti chiamata Good, a rendere le sue serate più piacevoli; infatti da quando era arrivata, niente era stato più lo stesso. Con il suo carattere estroverso e dinamico aveva portato una sferzata d’aria fresca nelle vite di tutte loro. Inge sperava solo che questa volta non ne avrebbe combinata una delle sue.

Improvvisamente, un tonfo sordo si diffuse nel silenzio immacolato della notte e Inge venne ridestata dai suoi pensieri.

«Trovata!» esclamò Goody in preda all’eccitazione.

Inge guardò la pallina che la sorella teneva sospesa fra le mani con timore quasi reverenziale. Goody se la rigirò delicatamente fra le dita, avvicinandola poi alla piccola lampada che avevano acceso in un angolo della stanza. Il riflesso dei raggi luminosi sul vetro delicato creava tutto intorno a loro uno strano gioco di luci e ombre.

«È assolutamente perfetta», Goody era ancora immersa nella contemplazione di quell’opera meravigliosa. La pallina era in vetro soffiato finissimo, senza decorazioni, molto semplice, pulita, e bellissima.

«Non capisco», Inge guardò torva Goody «Cos’ha di così speciale? È una normale pallina di vetro».

«Al contrario» le rispose la sorella sollevando lo sguardo e fissandola intensamente «È tutt’altro che normale, guarda».

Mentre Inge si chinava per osservarla meglio, Goody respirò profondamente e cominciò a canticchiare:

«Hark how the bells, sweet silver bells, all seem to say, throw cares away».*

Lentamente, un tenue bagliore si diffuse e la pallina cominciò a brillare. Colta alla sprovvista, Inge lanciò un gridolino indietreggiando di scatto.

Nella foga del momento, urtò le mani di Goody facendo cadere la piccola sfera di vetro, che si infranse al suolo in mille pezzi. Un lampo intenso e accecante si sprigionò nella la stanza e d’un tratto, così come era comparsa, la luce si spense lasciando dietro di sé solo una scia luccicante di tanti piccoli frammenti di vetro sparsi a terra.

Il mistero della pallina di vetro

«No no no no no no no», Goody urlò in preda al panico e con la vista ancora sfocata a causa della forte luce.

«Goody, cosa hai combinato?» chiese una voce profonda alle sue spalle. Anche senza vederla, Goody la riconobbe subito. Era Oslo, che tutte loro chiamavano Os. Strizzando gli occhi, Goody cercò di mettere a fuoco la stanza. Vide Os e poi, una dopo l’altra, giunsero tutte le altre.

Goody si ritrovò ben presto accerchiata: Cal (Calla), Effi (Triple F), Steppy (Step Ahead) e Os osservavano allarmate i frammenti di vetro sparsi in ogni angolo della stanza.

«Goody!» gridarono in coro fissandola in modo severo.

«Non è come pensate», balbettò, «Non l’ho fatto di proposito. È stato un incidente».

Non riuscendo a guardare le sorelle dritto negli occhi, chinò il capo verso il basso bisbigliando: «Volevo solo verificare se la storia fosse vera. Ho sentito dire dagli umani che se la pallina di vetro viene evocata può far avverare il tuo desiderio più grande», alzò lo sguardo, «Li avete sentiti anche voi l’altro giorno!» Infine, con voce più sicura, disse: «E poi, Inge mi è testimone, le mie intenzioni erano le più onorevoli».

Guardò Os con aria di sfida e si girò per cercare l’appoggio di Inge. Un brivido freddo la percorse dalle gambe fino ai braccioli, lungo tutto il sedile e lo schienale. Guardò disperata una ad una le sue sorelle e il panico nella voce appena trattenuto urlò: «Inge! Inge è sparita.»

Un insolito risveglio

Nel frattempo, in un altro luogo e in un altro tempo, qualcosa d’altro stava accadendo. 

«Inge!» chiamò una voce profonda. Non apparteneva a nessun genere: era pura voce e giungeva da ogni dove diffondendo il suo eco nel paesaggio circostante.

«Svegliati!»

Inge aprì lentamente gli occhi, era svenuta. Sbatté le ciglia un paio di volte e si alzò di scatto guardandosi attorno allarmata. Quella decisamente non era casa sua: si trovava in una folta radura innevata, riusciva quasi a percepirne il respiro ancestrale. Di fronte a lei troneggiava un immenso pino. Fece qualche passo verso di lui tendendo la mano per accarezzarne il tronco.

«Ma cos…», si fermò all’improvviso e sussultò guardando a terra. Vide due piedi umani, che sembravano essere i suoi. Alzò ancora un po’ lo sguardo e lo fece scivolare lentamente lungo tutto il corpo: due gambe, due braccia, delle mani, una testa, dei capelli.

«Capelli?» incredula, si toccò le lunghe ciocche con entrambe le mani.

Pensò che non aveva mai avuto dei capelli, anche se li aveva sempre sognati; tuttavia mai avrebbe osato sperare di vederseli davvero indosso. Erano lunghi e setosi al tatto, di un caldo color cioccolata. Non capiva, provò a ritornare con la mente a qualche istante prima di svenire. C’erano Goody, la pallina di vetro frantumata e tanta luce, poi il nulla. Che cosa era accaduto e come era arrivata lì? Titubante, provò a fare un altro passo in avanti e vide le sue impronte sulla neve.

«O mamma mia! Ss..t..o camminandoooo??!!

Con un gridolino felice, Inge si mise a correre e saltellare tutto attorno, battendo le mani; si tuffò sui cumoli di neve disegnando angeli di neve ridendo felice. Era diventata come quegli umani che vedeva passare in ufficio ogni giorno e non poteva ancora credere ai suoi occhi.

Inge e la voce nella foresta

«Ciao Inge, ben svegliata», era di nuovo quella voce.

«Chi è?» rispose Inge, cercando con lo sguardo la fonte di quel suono.

«Non è importante chi io sia, ma se preferisci, pensami pure come allo spirito della pallina di vetro».

«Dove mi trovo?»

«Davvero non lo sai?», Inge scosse il capo. La voce allora continuò.

«Ricordo di una vocina abbastanza persistente interrogarsi senza sosta sul motivo della sua esistenza. E ricordo ancora meglio il suo più grande desiderio inespresso: diventare umana. Non importava per quanto tempo, diceva, ma un giorno avrebbe voluto sperimentare le sensazioni del vivere una vita umana».

Era vero. Inge si era sempre chiesta che cosa si provasse a camminare, correre, respirare, ascoltare il battito del cuore, sedersi su una sedia… insomma, provare tutte quelle cose che a lei erano naturalmente precluse. Tutto quello che faceva ogni giorno era starsene in attesa di qualcuno da sorreggere cercando di apparire sempre al meglio, sempre confortevole e a disposizione. Alzò lo sguardo, meravigliata «Quindi…»

«Quindi eccoti qui. Ti faccio dono di un giorno: usa questo tempo e spazio come più ti aggrada per fare quello che vuoi, mangiare quello che desideri ed essere finalmente libera. Stai attenta, però, perché nulla viene dato senza un prezzo. Arriverà un momento nel quale comprenderai qualcosa di importante e dovrai prendere la decisione più grande della tua vita. Sei pronta?»

Inge era ancora sopraffatta dalle sensazioni che la percorrevano. Doveva ringraziare Goody per quella fortuna inaspettata. Annuì senza pensarci troppo e fu così che il suo viaggio ebbe inizio.

Il viaggio di Inge

Non si fece mancare nulla: sciò, costruì un pupazzo di neve, mangiò il panettone e bevve il vin brulé. Si concesse perfino di ballare e di fare un giro con la slitta trainata dai cavalli, immersa nella cornice idilliaca di quel paesino sperduto e innevato.

Al calar della sera era sfinita, ma si sentiva felice, soddisfatta come mai prima d’ora. Aveva corso a perdifiato tutto il giorno in preda all’eccitazione ed era finalmente arrivato il momento di riposarsi davanti al tepore di un camino e, perché no, di leggere un bellissimo romanzo.

Si diresse, allora, verso un rifugio lì vicino. Quando entrò, venne travolta dall’aroma di tanti profumi mischiati insieme. La cosa che più la colpì, però, furono le persone: erano tantissime, chi in piedi e chi seduto, alcuni accoccolati sui divanetti sotto le finestre, altri rilassati, semidistesi sulle poltrone poste attorno al camino. 

C’era posto per tutti. Anche chi era in piedi vicino al bancone, di tanto in tanto si appoggiava su qualche sgabello lasciato vuoto. In fondo alla sala, Inge vide una coppia di anziani scambiarsi dei sorrisi mentre aspettavano pazienti il cameriere portare loro due comode poltroncine, leggermente più basse e confortevoli rispetto a tutte le altre.

Un tuffo fra i ricordi

Erano proprio simili a quelle che aveva visto passare una volta in ufficio. Osservandole bene, anche le poltrone accanto al camino erano molto accoglienti. Ripensò a Os e alla sapiente capacità che aveva di cullare i suoi ospiti.

Lentamente visualizzò le sorelle una per una: Goody con la sua frizzante eleganza, semplice e pulita, ma perfetta. C’era poi Effi, l’ecologista, con la quale amavano scherzare spesso e che impartiva loro lezioni sui temi della sostenibilità e su quanto il rispetto dell’ambiente fosse un principio fondamentale. Aveva senza dubbio donato a tutte loro marcia in più.

Poi Inge ripensò a Cal e a quanto sarebbe stato bello vederla lì per favorire a tutte quelle persone un’esperienza di rilassamento totale. E come dimenticare Steppy, l’ultima arrivata? La più piccolina, ma senza dubbio l’incarnazione stessa della poesia.

La scelta di Inge

Immagine dopo immagine, Inge ripensò alle sue sorelle e a quanto forte sentisse la loro mancanza. Le mancò persino il sonoro russare che accompagnava le sue notti insonni. D’un tratto comprese le parole dello Spirito della pallina vetro.

Era davvero pronta a lasciare tutto ciò che aveva di più caro per quella nuova vita? Certo, era bello vivere come un essere umano, però era altrettanto piacevole e rincuorante essere capace di offrire loro una base sicura e accogliente in cui poter respirare comodamente dagli affanni della vita quotidiana.

Quando Inge si accomodò su una poltrona davanti al fuoco scoppiettante del camino, nella mente le passarono in sequenza una serie di fotogrammi: qualcuno che scriveva al computer, i pazienti in sala d’attesa, gli spettatori a teatro, i viaggiatori in transito negli aeroporti, le famiglie gaiamente riunite alla tavola di un ristorante, una coppia di sposi in vacanza in attesa di partire per un’escursione, una mamma intenta ad allattare il suo bambino, un gatto comodamente adagiato su una poltrona… avrebbe potuto continuare così all’infinito.

Inge si ritrovò a sorridere perché tutte quelle persone le cui storie non è dato sapere avevano in comune almeno una cosa: erano tutte accomodate su delle sedute. Era proprio vero che le sedie erano sparse in ogni dove. Invisibili, ma visibili, sempre accanto a noi.

“È nella mancanza che si ritrova il valore” pensò Inge. Persa nei suoi pensieri nostalgici, desiderò ardentemente di poter ritornare alla sua vita di sempre con quella nuova consapevolezza. Il suo ruolo in qualità di sedia era fra i più importanti al mondo e come lo era per lei, lo era anche quello di ogni seduta nel mondo.

Il rientro a casa

Inge si svegliò la mattina successiva con cinque paia di occhi puntati su di lei.

«Inge, sei tornata! Stai bene? Cosa ti è successo? Dov’eri finita?» le voci si accavallavano le une sulle altre preoccupate.

Inge incrociò lo sguardo timoroso di Goody. «Mi dispiace… Non volevo!», singhiozzò la sorellina.

Inge provò subito un moto di tenerezza nei suoi confronti. Sicuramente in sua assenza ne aveva passate davvero tante, a giudicare dallo sguardo di supplica che le lanciò di nascosto. Inge sorrise perché in fondo tutto quello che aveva vissuto era merito della sorellina. 

Le guardò tutte, una dopo l’altra e non poté evitare di commuoversi. «Perché piangi?» chiese Steppy avvicinandosi lentamente. «Niente, è solo che… Vi voglio bene sorelline, mi siete mancate così tanto!»

Un Natale a Concepts by Braida

Era la mattina di Natale a Casa Braida e nelle stanze calde dell’Ufficio di Concepts by Braida uno strano evento si era appena concluso. È risaputo che Natale è un periodo speciale durante il quale strani ed inspiegabili fenomeni accadono.

Che siano reali o meno, ciascuno è libero di trarre le sue conclusioni. Nessuno sa dove si trovi e dove viaggi questa magica pallina di vetro, ma chissà che frugando in qualche scatolone nel periodo natalizio la fortuna vi sorrida e possiate incontrarla.

Quello che è certo è che quest’anno la pallina ha viaggiato fino a qui ed è stata avvistata comodamente adagiata sopra il sedile di Inge. Dopotutto, non è importante spiegare proprio ogni cosa, non credete?


* Testo tratto dalla prima strofa del canto natalizio “Carol of the Bells”, composto nel 1936 da Peter Wilhousky. Un rifacimento melodico di “Ščedryk”, canto natalizio del compositore ucraino Mykola Leontovyč composto nel 1916.

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